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Autorevolezza e autonomia: ingredienti indispensabili per il governo dei temi di area vasta

La legge 56 / 2014 (riforma Delrio) riduce il numero di funzioni fondamentali in precedenza assegnate alla provincia, ma amplia quelle di supporto tecnico amministrativo ai comuni e alle unioni. Ipotizza che l’ente intermedio possa su delega dei comuni esercitare il ruolo di stazione appaltante, e prevede anche compiti come l’individuazione degli ambiti territoriali ottimali per l’esercizio delle funzioni, o finalizzati all’ “efficacia nello svolgimento delle funzioni fondamentali da parte dei comuni e delle unioni di comuni”, o ancora in “sussistenza di riconosciute esigenze unitarie” (art 1 comma 89).

Così facendo la legge mescola funzioni molto diverse tra loro, non solo dal punto di vista tecnico. Quelle elencate ai commi 88 e 89 sono, quasi tutte, funzioni di prossimità, quindi comunali, che possono essere delegate alla provincia ai fini di una maggiore efficienza ed economia, ma che comunque rimangono come competenza in capo ai comuni deleganti. Sono funzioni intercomunali, che i comuni dovrebbero facilmente riuscire a tenere sotto controllo partecipando ora direttamente agli organi dell’ente intermedio.

Diversa è la situazione per le funzioni sovracomunali, che riguardano i temi di area vasta, ossia quei temi che per essere affrontati necessitano sia di una visione d’insieme, che vada oltre i confini amministrativi del singolo comune, sia di una certa autonomia, una sorta di terzietà, rispetto a pressioni ed interessi locali. Vi rientrano i temi della pianificazione territoriale, per affrontare i quali non basta la mosaicatura più o meno sintetica, secondo una legenda unificata, delle indicazioni contenute nei diversi piani comunali interessati.

Governare i temi territoriali di area vasta richiede di comporre le indicazioni dei piani comunali secondo una visione strategica unitaria, e di dotarle di un sistema organico di conseguenti azioni attuative. Un processo che richiede di prendere le distanze dagli interessi particolari locali, e che necessita di una guida, esterna, autonoma e autorevole (da non confondere con un’autorità gerarchicamente sovraordinata). Guida che era stata fino ad oggi in via naturale individuata negli amministratori provinciali eletti a suffragio universale, che in quanto espressione del complesso della comunità provinciale erano in via conseguente dotati di autonomia e autorevolezza.

Si pone oggi il problema di ricostituire forme di autonomia e autorevolezza all’interno di organi provinciali di secondo livello, dove potrebbero generarsi situazioni di conflitto tra ruolo di area vasta e incarichi amministrativi comunali.

Una possibile soluzione potrebbe consistere nel concentrare l’attenzione sul ruolo più spiccatamente istituzionale che l’ente intermedio provincia assume dopo la riforma, come ambito di confronto e coordinamento, estensione istituzionale del livello comunale, nel quale i sindaci svolgono le funzioni di area vasta che di fatto con la riforma Delrio sono state poste in capo ai comuni, ma che secondo i principi di sussidiarietà del vigente art 118 della Costituzione non possono essere svolte direttamente dal singolo comune.

Si potrebbe a tale fine partire dagli statuti delle province, agendo su compiti e organizzazione degli organi e delle strutture tecniche. Il ruolo più istituzionale che assume l’ente intermedio dopo la riforma dovrebbe, negli organi e soprattutto nel consiglio, portare a superare le logiche di funzionamento tradizionale basate sulla contrapposizione politica tra maggioranza e minoranza. Logiche che dovrebbe essere considerate obsolete, se si riflette sul fatto che i consiglieri sono sindaci, rappresentanti istituzionali di un territorio, più che di una determinata parte politica. Le strade per arrivare ad una soluzione di questo tipo sono molteplici, ed anche complesse, e non vi è in questa nota lo spazio per una trattazione esaustiva. Tuttavia si può in via esemplificativa dare un’idea dei ragionamenti che potrebbero essere messi in campo.

In un consiglio fatto di rappresentanti istituzionali dei comuni, dove venga superata la contrapposizione tra maggioranza e minoranza, avrebbe senso vedere tutti i consiglieri coinvolti nelle deleghe attribuite dal Presidente, o Sindaco metropolitano, e non solo quelli appartenenti alla lista vincitrice delle elezioni, come invece sta avvenendo in quasi tutti gli enti intermedi usciti dalle elezioni lo scorso ottobre. Le deleghe potrebbero riguardare progetti finalizzati, a termine o comunque da realizzare nell’ambito del mandato amministrativo, più che funzioni (come erano i vecchi assessorati alle scuole, alla viabilità, all’ambiente, ecc.).

I compiti funzionali dovrebbero invece essere affidati ai dirigenti delle funzioni tecniche, come in parte già avveniva nel passato, anche questo potrebbe essere un modo per rafforzare il ruolo istituzionale dell’ente intermedio, parzialmente ricostituendo in capo alle strutture tecniche quei requisiti di autonomia e autorevolezza, di riferimento per i comuni nel coordinamento di area vasta. Soluzione che avrebbe anche il vantaggio di distinguere in modo più chiaro i compiti di indirizzo strategico della parte politica da quelli gestionali della struttura tecnica, cosa che nel passato ha invece portato a sovrapposizioni o vacanze nel presidio della funzione. Nel caso della pianificazione per esempio il compito di firmare il parere di compatibilità sui piani comunali potrebbe, come da tempo già succede in alcune province, essere delegato al dirigente della struttura tecnica competente.

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