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Territorio

Le aree produttive, un tema per la pianificazione di area vasta

Dopo la Riforma Delrio, che ha profondamente mutato natura e ruolo del livello intermedio di governo, sorge spontanea la domanda su quali siano i temi territoriali di area vasta, fino a ieri affrontati dalla provincia con i suoi strumenti di programmazione, e ora in attesa di una conferma o nuova attribuzione di competenza[1]. La Riforma auspica che siano i comuni ad esercitare il maggiore numero possibile di funzioni, meglio se in forma associata, e dove proprio necessario con il supporto tecnico dell’ente intermedio. Nei casi più complessi un ruolo importante può essere svolto dal Piano territoriale dell’ente intermedio (PTCP), a condizione che si doti di regole e strumenti adeguati.

Un tema territoriale di area vasta, che potrebbe sicuramente trarre vantaggio da un approccio coordinato tra comuni, è la programmazione e gestione delle aree produttive. Nei decenni passati quasi tutti i comuni, anche quelli piccoli, hanno individuato aree, anche più di una, da destinare ad attività industriali e artigianali. Si sono create dotazioni di aree frammentate e senza servizi, poco competitive e quindi poco appetibili per nuove imprese in cerca di localizzazione. Con il passare degli anni attorno a questi siti sono inoltre cresciuti paesi e quartieri, creando situazioni di difficile promiscuità con limitrofe aree destinate a residenza, servizi e altri usi.

Trai i PTCP più recenti, quello di Pavia, entrato in vigore lo scorso settembre, prevede che nuovi siti produttivi possano essere programmati solo se di rilevanza sovracomunale, raggruppando in questi i fabbisogni di più comuni. Siti più ampi potranno essere meglio dotati in termini di accessibilità e di servizi di utilità per le imprese da insediare. Questi siti, con le maggiori risorse a disposizione, potranno più facilmente essere inseriti nell’ambiente e nel territorio, e a tale fine il piano prevede una serie di requisiti di compatibilità per accedere alla qualifica di APEA (area produttiva ecologicamente attrezzata), introdotta dalla normativa nazionale nell’art 26 del D.lgs 112/1998. Strumenti vengono forniti anche per facilitare gli accordi tra comuni, per esempio per perequare le ricadute negative ma anche per ripartire oneri di costruzione e di urbanizzazione.

Oggi, in una situazione di crisi economica, è difficile che emerga l’esigenza di nuovi siti, ma le condizioni potrebbero cambiare rapidamente. Negli Stati Uniti e in Europa sono di recente emersi casi di rientro di imprese che anni fa avevano spostato la produzione nei Paesi Orientali. In attesa di sviluppi, difficili da prevedere in un’economia sempre più globale, è in ogni caso oggi più prudente e realistico puntare su riuso e riqualificazione delle aree produttive esistenti. Un ampio capitolo è quindi dedicato dal PTCP a fornire ai comuni strumenti da utilizzare e perfezionare nei propri piani comunali. Aree produttive di rilevanza sovracomunale possono essere localizzate anche su aree esistenti, dismesse o in esercizio, con eventuali contenuti ampliamenti, ovviamente se compatibili con le condizioni al contorno e se in grado di raggiungere attraverso opportuni interventi i requisiti di compatibilità ambientale necessari per essere qualificate come APEA. Una soluzione di questo tipo sarebbe peraltro coerente con i principi di riuso introdotti in questi anni nelle norme, nonché con il periodo di moratoria sul consumo di suolo introdotto dalla LR 31/2014.

Il PTCP fornisce ai comuni una serie di criteri per censire le aree esistenti e determinare se le attività produttive insediate siano allo stato attuale ancora compatibili o meno rispetto alle altre funzioni presenti nelle aree limitrofe.  Per le attività non più compatibili sono individuati percorsi per favorirne attraverso incentivi lo spostamento verso aree produttive sovracomunali. Per le attività compatibili sono invece consentiti limitati ampliamenti in sede per eventuali necessità produttive delle aziende già da tempo insediate, a fronte dell’adozione di misure di miglioramento dell’inserimento ambientale.

I criteri di compatibilità ambientale e territoriale, che con diverse combinazioni vengono utilizzati nelle casistiche sopra descritte, sono articolati nelle categorie: urbanistico, ambientale, sicurezza, paesaggistico, ecologico, rischio idrogeologico, accessibilità. Per la loro definizione il piano fa riferimento alle esperienze delle regioni che hanno specificamente normato criteri e regole per definire la qualifica di APEA.

Il PTCP di Pavia elaborato nel periodo di gestazione della Riforma Delrio mette dunque a disposizione dei comuni, che stanno per entrare negli organi provinciali[2], strumenti per affrontare in modo aggregato, per bacini ottimali, un importante tema territoriale di area vasta come quello della riqualificazione del patrimonio di siti produttivi, dando priorità al riuso di aree dismesse, riqualificando quelle degradate occupate da attività obsolete, e attrezzando aree, sia nuove che esistenti, con servizi che ne migliorano competitività e attrattività.

Sviluppare piani associati tra comuni sulla base di quanto suggerito dal PTCP può aiutare, a patto di non dimenticare che i piani associati sono comunque piani di livello comunale, e non possono sostituire la funzione svolta dal PTCP. Senza un piano sviluppato dall’ente intermedio, che sia di riferimento, è difficile affrontare le questioni di area vasta, che richiedono un’adeguata autonomia dall’influenza delle questioni locali. Se i soggetti che governano comuni e province sono gli stessi, nel senso di persone fisiche, le cariche istituzionali devono essere mantenute separate, come già discusso in un recente scritto[3]. Questo significa che PTCP e piani associati comunali non possono essere confusi né fusi in un unico strumento. Per continuare ad affrontare in modo efficiente e credibile i temi di area vasta devono essere mantenuti separati nella funzione, anche se integrati nelle finalità.

 

 



[1]     In realtà la pianificazione territoriale rimane sempre, secondo quanto stabilito dalla Riforma, in capo all’ente intermedio, che si tratti di provincia o di città metropolitana, ma all’interno dei suoi organi entrano gli amministratori dei comuni e questo pone una serie di interrogativi su come questi possano prendere decisioni sui temi di area vasta senza farsi influenzare dalle questioni locali.

[2]     A Pavia come in alcune altre province l’ultimo mandato ad elezione diretta scade a metà 2016, essendo iniziato nel 2011, e solo successivamente sarà attuato il passaggio ai nuovi organi previsti dalla Riforma nazionale.

[3]     Vedere articolo pubblicato su Millennio Urbano il 30 ottobre 2015 “Piani comunali e provinciali dopo la Riforma Delrio”  http://www.millenniourbano.it/piani-comunali-e-provinciali-dopo-la-riforma-delrio