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Una storia per immagini dell’abitare in Gran Bretagna

Alla fine della prima guerra mondiale in Gran Bretagna quasi l’80% della popolazione viveva in affitto con un contratto che nella stragrande maggioranza dei casi era stato stipulato con un proprietaro privato. Con la Legge per la Casa, approvata nel 1919, lo Stato finanziò le amministrazioni locali per costruire abitazioni popolari. A metà anni trenta furono realizzati complessivamente 350.000 alloggi, grazie a un prolungato periodo di basso costo del denaro del quale beneficiò il settore privato. Abbondanza di terreni, di manodopera e contenuti tassi di interesse favorirono l’espansione urbana a bassa densità. Oltre ai suburbi, lungo le principali arterie di comunicazione sorsero nuove aree industriali.

Con la seconda guerra mondiale, e i bombardamenti delle aree urbane centrali, la costruzione di case si bloccò del tutto. La scarsità di denaro e di materiali da costruzione rallentò la ripresa del settore. Il rapporto Beveridge parlò dello “squallore” come di uno dei giganteschi “macigni” che ostruivano la strada al progresso. In questa situazione il ministero per la casa e la salute, ribadì la priorità della costruzione di  abitazioni. Durante il decennio successivo, dominato dai governi Conservatori, si registrò un nuovo un picco nella costruzione di case popolari  da parte degli enti locali. La fine dei razionamenti e l’economia in crescita porteranno, durante gli anni ’50, alla costruzione di 250.000 nuovi alloggi l’anno, in gra parte realizzati nelle new town e nelle aree collocate  oltre la green belt che cinge Londra.

 

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Shirley Baker, case operaie a Manchester negli anni ’60. www.theguardian.com

Negli anni ’60, unendo gli interventi pubblici e privati, nella costruzione di abitazioni si arrivò a un nuovo al record: oltre 400.000 alloggi l’anno. La grande dimensione dei complessi andrà  a scapito della qualità edilizia, ma alla fine del decennio la Gran Bretagna raggiunse la sostanziale parità fra proprietari e affittuari. E tuttavia già con l’inizio di quello successivo si manifestò la prima bolla edilizia post-bellica. A partire dal 1973, condizioni di facile accesso al credito, assicurate dalla Banca d’Inghilterra e dalle facilitazioni governative, provocarono un incremento di oltre un terzo l’anno dei prezzi degli immobili: in media il valore di una casa raddoppiò in soli tre anni. La bolla, scoppiata con la guerra dello Yom Kippur e l’embargo Opec diede inizio ad un periodo di stagflazione.

Con gli anni ’80 si fece avanti l’idea di spingere gli enti locali a mettere in vendita gli alloggi pubblici. Essa divenne uno dei fulcri del governo di Margaret Thatcher. Chi ne approfittò vide crescere rapidamente il valore del proprio immobile durante la seconda bolla edilizia, quando i prezzi delle case si rivalutarono di oltre il 40% tra il 1987 e il 1988.

Gli effetti dell’esplosione della bolla edilizia furono negli anni ’90  la crescita dei tassi d’interesse e un incremento della disoccupazione che arrivò alla cifra di 3 milioni di persone. Molti  furono coloro che  non riuscirono più a pagare le rate del mutuo che nel frattempo avevano acceso.  Si registrò un’impennata nei pignoramenti e i prezzi delle case crollarono per i quattro anni successivi. Solo alla fine del decennio si vide una ripresa del mercato immobiliare.

L’ultima bolla edilizia del dopoguerra britannico, quella  esplosa con la crisi nel 2007, si è situata in uno scenario in cui la popolazione e l’economia erano in costante crescita. Tuttavia, a fronte di un’ampia disponibilità di credito a tasso d’interesse ridotto, si cominciò a costruire sempre meno case.Il risultatoè stato un prezzo medio delle abitazioni più che raddoppiato rispetto al periodo precedente lo scoppio della crisi finanziaria. Con la recessione  la costruzione di alloggi si è ridotta fino a toccare il minimo dagli anni ’30.

 

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Shirley Baker, la fila davanti alla roulotte del programa di assegnazione degli alloggi popolari, Manchester 1965. www.theguardian.com

Questa in sintesi la storia abitativa della Gran Bretagna degli ultimi novant’anni  – tra intervento pubblico  e speculazione privata. Essa è recenetemente diventata , anche se non in modo esplicito, protagonista della mostra fotografica Women, Children and Loitering Men, che si può visitare fino al 20 settembre alla Photographers’ Gallery di Londra. Gli scatti di Shirley Baker ritraggono gli effetti dell’intervento pubblico sul patrimonio residenziale di Manchester e Salford dal 1961 al 1981. Essi si concentrano in particolare sui programmi di demolizione degli slum, che ancora negli anni ’60 rappresentavano gli alloggi di molte comunità operaie,  con il cui avvio si diede spazio all’edilizia residenziale pubblica.

Quello di Baker è un enorme lavoro di documentazione delle trasformazioni urbane nella Gran Bretagna della seconda metà del XX secolo, realizzato attraverso la restituzione per immagini degli interventi sul patrimonio residenziale. Si tratta di una testimonianza estremamente importante proprio perchè gli effetti della recente bolla edilizia potrebbero riportare in vita lo spettro della povertà e delle precarie condizioni abitative delle classi più svantaggiate, e non solo dall’altra parte della Manica.

Riferimenti

L’immagine di copertina è tratta dal sito della Photographers’ Gallery.

L. Elliot, A brief history of British housing, The Guardian, 24 maggio 2014.

H. Pidd, Last days of the slums: a portrait of Manchester by Shirley Baker, The Guardian, 22 luglio 2015.